Le incursioni turche in Friuli nel secolo XV

Età moderna



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di Michela Giorgiutti

La repubblica di Venezia, l'impero asburgico e il regno d'Ungheria furono gli Stati che subirono maggiormente le violenze dell'esercito turco, il quale non sembrò spingersi nei territori europei con l'obiettivo di conquistare, anche se pare semplicistico ritenere le incursioni esclusivamente effettuate per scopo di rapina. Nonostante la condivisione di tale minaccia, i tre Stati non furono in grado di creare un fronte unico e nessuna lega venne pattuita; anzi, l'equilibrio tra le parti, nel contesto politico e diplomatico, sembrò dipendere anche dalla leva turca. I Turchi costituivano uno dei popoli soggetti al sultano e avevano uno stanziamento in Bosnia con un proprio esercito organizzato, che faceva capo al beylerbey (un reggitore per ogni territorio in cui era suddiviso il vasto impero ottomano) e si componeva di milizie regolari locali (musellem), di gruppi volontari (gönüllï) e di specialisti razziatori a cavallo (alqïngï o akinci) che raccoglievano non solo Turchi ma anche truppe della Rumelia (territorio dei Balcani). La violenza dei loro attacchi si manifestò quando raggiunsero nel 1408 la Carniola (saccheggiando Metlika), nel 1415 il territorio sloveno (cercando invano di penetrare anche nel patriarcato aquileiese) ed infine, nel 1430, quando si spinsero nella Stiria inferiore. La loro tecnica d'incursione prevedeval'avanzamento su più fronti, un attacco a manovra centrale (ad arco concavo) e le imboscate, con rapidi spostamenti delle truppe; evitando le fortezze e le città fortificate, i loro attacchi si concentravano sui villaggi, che venivano saccheggiati e poi bruciati; mentre gli abitanti maschi adulti e anziani erano trucidati, i giovani e le donne venivano fatti prigionieri per il mercato degli schiavi. Il loro passaggio era quindi fortemente temuto e coinvolse il territorio friulano nell'ultimo trentennio del secolo XV. L'intervento della Serenissima, per difendere i confini più orientali della Terraferma, non fu particolarmente veloce, non solo perché la prassi prevedeva che il Friuli provvedesse alla difesa con propri contingenti (secondo la talea militare, ripartita tra le varie giurisdizioni dal Parlamento e su richiesta del luogotenente) e l'invio di condottieri veneti era effettuato solo in caso di reale pericolo, ma anche perché la situazione diplomatica fu di particolare fragilità. Sia con il sultano Maometto II, conquistatore di Costantinopoli, sia con il successore Bajazet II, che rafforzò la presenza ottomana nei Balcani, Venezia volle mantenere uno stato di equilibrio, temendo accordi dei Turchi con gli imperiali e gli Ungheresi, a svantaggio dei domini veneziani nel Levante, nella Dalmazia e nell'Albania. Inoltre, la funzione di intermediazione mercantile svolta da Venezia fu un elemento che pesò non poco nella valutazione dell'equilibrio diplomatico. Questo si mantenne finché, nel 1463, l'occupazione turca di Argo, possedimento veneziano nel Peloponneso, provocò la reazione della Serenissima, che invase la Morea, iniziando il primo lungo conflitto con gli Ottomani (1463-1479). L'impero del sultano si stava ampliando velocemente. Le forze militari turche erano riuscite a stabilirsi in Bosnia, dalla quale partirono le incursioni verso il Friuli, probabilmente progettate per impegnare Venezia e indebolire la sua presenza nell'Egeo. Nel maggio del 1469 venne rasa al suolo Lubiana ed il Senato veneziano prese i primi provvedimenti per la difesa dei confini: distribuì alcune truppe lungo l'Isonzo, rinforzò i presidi di Udine, Cividale e Medea e predispose fossati, trincee e bastioni, che si rivelarono però delle modeste e fragili difese. Dal 1469 al 1471 i Turchi svolsero diverse missioni esplorative verso ovest, seguendo due tracciati per le loro scorribande: l'una partiva da Banja-Luka e si dirigeva verso nord, seguendo il corso del fiume Una, fino alle coste di fronte Veglia, attraverso Clana, Castelnuovo del Carso e Prosecco, raggiungendo la riva sinistra dell'Isonzo per poi entrare in Friuli. Il secondo tracciato portava verso i territori dell'impero, in Carniola, in Carinzia e in Stiria, passando per Metlika e a sud di Lubiana, da cui proseguivano verso nord oppure si dirigevano verso la valle del Vipacco e da lì al Friuli. Se in un primo momento, nel 1471, Venezia si accordò con gli Asburgo contro Turchi e Ungheresi, già nel 1472, Mattia Corvino riuscì a stringere un'intesa austro-ungherese che aprì agli akinci la rotta verso il Friuli. Visto l'incombere delle incursioni, Venezia predispose una difesa più significativa lungo la linea dell'Isonzo, rafforzando i castelli, le cortine e i bastioni posti a Gradisca, alla Mainizza e a Fogliano; in essi dispose reparti militari sia di presidio fisso che di truppe mobili, coinvolgendo le cernide locali e creando una rete di segnalazioni per gli abitanti dei villaggi. Ciò che però mancava, rendendo debole la difesa, era la scarsità di uomini a disposizione e, inoltre, la Serenissima, pur destinando condottieri veneti in Friuli, era impegnata su altri fronti militari (nella difesa delle città lombarde). Nel 1472 oltre 8.000 Turchi, che si erano spinti nell'entroterra balcanico e a nord, organizzarono il primo campo a Castelnuovo del Carso e penetrarono in Carniola; saccheggiarono Duino e si accamparono presso la riva sinistra dell'Isonzo, evitando la fortezza di Monfalcone. Il comandante veneto Deifobo dell'Anguillara decise di portarsi a Cervignano, impedendo il passaggio ai Turchi, che cambiarono rotta e puntarono verso Udine, giungendo a Cussignacco, mentre un altro gruppo raggiunse Cividale ed un terzo Cernika; presi 600 prigionieri, i Turchi ritornarono verso est, oltrepassando di nuovo l'Isonzo. Questa incursione, che lasciò sgomenti il Friuli e la stessa Serenissima, spinse a ricostruire la linea fortificata che seguiva il corso del fiume dal ponte di Gorizia ad Aquileia e ad erigere dei forti a Gradisca e a Fogliano. L'intervento di Venezia su questi territori provocò ingenti tassazioni e, sul piano diplomatico, le proteste del conte di Gorizia, che appoggiò l'intesa austro-ungherese. I Turchi ripresero le incursioni due anni dopo: un distaccamento delle truppe che attraversarono la Slovenia e la Croazia entrò in Friuli attraverso le Valli del Natisone, scendendo per Caporetto e raggiungendo la Benecia e Cividale. Nel 1476 Venezia si decise a concentrare maggiori truppe in Friuli, riattivando i presidi di Gradisca, di Farra d'Isonzo, della Mainizza e quelli sui bastioni di Villesse, Ruda e Campolongo. I Turchi, infatti, dilagarono presto nella Cartinzia, nella Carniola e, attraversando la valle del Vipacco, raggiunsero Gorizia. In questo caso però le truppe venete riuscirono prima a contenere l'avanzata e poi a respingerla verso Trieste. Già alla fine di ottobre del 1477, i Turchi guidati da Scanderberg, signore della Bosnia (Iskasnder-Beg), riuscirono a raggiungere e oltrepassare il territorio goriziano guadando l'Isonzo. Il condottiero Gerolamo Novello da Verona decise di attaccarli, spingendoli verso Lucinico, ma raggiunti i boschi del Preval, i Turchi tesero un'imboscata a Novello, trucidando tutto il distaccamento, mentre gli altri due condottieri, Giovanni Martinengo e Zaccaria Barbaro si rifugiarono nel forte di Gradisca. Senza ulteriori ostacoli militari, i Turchi penetrarono nell'entroterra, seguendo la cosiddetta Stradalta, devastando un centinaio di villaggi, in particolare Ronchis, Claviano e i territorio limitrofi a Palmanova, Trivignano, Nogaredo, Percoto, Pavia, Pradamano, Godia, Paderno, Cavalicco, Tavagnacco, Feletto, Colugna. Udine resistette grazie all'azione di cittadini come Martino de' Vincenzi (poi chiamato della Porta), che organizzò la difesa di Porta Gemona. Una seconda ondata di saccheggi si ebbe il mese successivo, a novembre, quando un nuovo gruppo di Turchi oltrepassò l'Isonzo, raggiunse il Tagliamento e poi il Piave, portando con sé in Bosnia 10.000 prigionieri. I fatti del 1477, che sconvolsero i territori friulani e trevigiani, spinsero la Serenissima a prendere ulteriori provvedimenti: la riorganizzazione dell'esercito, l'erezione di una fortezza a Gradisca, la realizzazione di altri bastioni a Lucinico e a Farra, la ricostruzione del fossato di difesa intorno alle mura di Udine e di Cividale. Nella primavera del 1478 le nuove incursioni, miranti a distogliere l'attenzione delle forze veneziane dall'Albania, dove era in atto l'assedio di Scutari (fortezza veneziana), coinvolsero prima la Carnola, la Carinzia, l'Istria, per dirigersi poi in Friuli. Fortunatamente la piena dell'Isonzo non permise il guado e costrinse i Turchi ad arretrare. Durante l'estate dello stesso anno, i Turchi tornarono a minacciare Gorizia, ma l'esercito veneto, comandato da Carlo Fortebraccio da Montone, seppe far fronte a questa nuova incursione e il ricongiungimento con il distaccamento proveniente da Medea, guidato da Jurij Fuchina da Caporetto, fece cambiare rotta ai Turchi verso il tarvisiano, attraverso il passo del Predil e la Val Canale, dove, a Chiusaforte, si scontrarono con i veneziani che li respinsero verso la valle del Gail. Fu questo il primo e unico caso di una difesa efficace condotto in territorio friulano contro i Turchi. La Serenissima, avendo perduto l'appoggio persiano in funzione anti-ottomana e il controllo delle fortezze albanesi, si decise per trattare un'intesa con il sultano Maometto II. Il 23 febbraio 1479 vennero firmati gli accordi, con notevoli perdite per Venezia, privata delle città-fortezza di Scutari e di Croia in Albania, dell'isola di Lemno e di Negroponte nell'Egeo e di numerosi presidi veneti dislocati dell'Epiro e nel Peloponneso. In cambio, iniziò un periodo di relativa tranquillità per il confine orientale, mentre i Turchi continuarono a devastare i villaggi della Carinzia, della Carniola e dell'Istria. Nel 1483 i veneziani fecero rinforzare le difese della Mainsizza e di Gradisca e nel 1488 altri lavori di ristrutturazione a scopo difensivo vennero eseguiti a Monfalcone, ad Ampezzo ed a Chiusaforte. Nel 1492 i Turchi dilagarono in Carinzia e giunsero a saccheggiare Tarvisio; ancora nel 1498 devastarono Castelnuovo, compiendo scorribande sul Carso e in Istria. La fortificazione di Gradisca, soprattutto tra il 1480 e il 1497, allentò l'attenzione della Serenissima in Friuli, occupandola in altre questioni politiche. Infatti, impegnando l'esercito nella spartizione del ducato di Milano, all'indomani del trattato di Blois firmato con re Luigi XII (1499), Venezia lasciò sguarnito il fronte orientale. Puntualmente, nel 1499 si ebbe l'ultima e più devastante incursione. L'esercito oltrepassò l'Isonzo il 28 settembre e riuscì a portarsi fino alle rive del Tagliamento e della Livenza; nella sua avanzata fu certo favorito dalla neutralità dell'Asburgo (Massimiliano I), non solo ostile a Venezia per la questione di Milano, ma anche perché in accordo con Ludovico il Moro, per lasciare che il sultano Bajazet II, minacciando la Terraferma, costringesse Venezia a ritirarsi dalla Morea. Il Senato veneto inviò subito il provveditore Andrea Zancani, che però si dimostrò contrario alle tattiche proposte da Nicolò Savorgnan, comandante delle cernide, e dal condottiero Carlo Orsini. Alla debolezza strategica e di comando centrale cercarono di reagire le forze locali ed i rurali, che difesero i propri villaggi (a Mortegliano, a Pantianicco e a Valvasone). I Turchi giunti da Savogna si ricongiunsero con le truppe stanziate a Medea, accerchiando le milizie venete concentrate a Gradisca; in un altro fronte, le truppe turche, che proseguirono sulla Stradalta, si congiunsero con quelle provenienti da S. Pier d'Isonzo e, dopo il saccheggio di Cervignano, raggiunsero Rivolto, Cordenons e Roveredo, da cui partirono verso Sacile. Le scorrerie del ritorno non furono meno violente ed interessarono Turrida, Sedegliano, Mortegliano e Medea, prima di oltrepassare l'Isonzo e rientrare definitivamente in Bosnia. Le incursioni del XV secolo ebbero importanti ripercussioni sulla politica della Serenissima: portarono una nuova organizzazione della difesa territoriale del Friuli, ma anche l'aumento della lotta tra le fazioni interne, mentre sul piano internazionale, peggiorarono le relazioni tra Venezia, la Casa d'Austria e i conti di Gorizia, aprendo il secolo XVI a nuovi conflitti.


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