Il Territorio Libero di Trieste (Diritto internazionale)

Novecento



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di Giorgio Conetti

                                                                                        

  1. Il Trattato di Pace del 1947

La istituzione del Territorio Libero di Trieste (di seguito TLT) venne prevista dal Trattato di Pace concluso, al termine del secondo conflitto mondiale, a Parigi il 10 febbraio 1947 tra l'Italia e le Potenze Alleate e Associate, entrato quindi in vigore il16 settembre dello stesso anno. La previsione di questa nuova entità territoriale costituiva una soluzione di compromesso per le difficoltà incontrate, nel corso della Conferenza della Pace, a giungere ad una definizione condivisa del confine tra Italia e Jugoslavia, specie per quanto riguardava il destino della città e del porto di Trieste. Delimitazione, condizione e ordinamento del TLT erano oggetto di un articolato complesso di norme entro il testo del Trattato e in suoi appositi allegati. L'art. 21 disponeva per la costituzione del TLT in un'area delimitata dal mare Adriatico e dai confini con Italia e Jugoslavia, definiti rispettivamente agli artt.i 4 e 22 (una fascia costiera tra la foce del Timavo e il fiume Quieto di complessivi kmq.718, comprendente la città di Trieste, i confini minori limitrofi e i centri istriani di Capodistria, Buie, Umago, Cittanova). Il TLT sarebbe stato riconosciuto dalle Potenze Alleate e Associate e dall'Italia, le quali concordavano affinché la sua integrità territoriale ed indipendenza venissero garantite dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (art. 21, par.1). Il Consiglio, già investito del progetto, aveva espresso il proprio consenso, con Ris. del 10 gennaio 1947, ad assumere le responsabilità che il Trattato gli assegnava quanto alla condizione del TLT e al governo dello stesso. Si disponeva quindi che, all'atto dell'entrata in vigore del Trattato, la sovranità italiana cessasse sul territorio destinato alla formazione del TLT (art. 21, par.2).

A seguito della cessazione della sovranità italiana, il TLT sarebbe stato governato in applicazione del suo regime provvisorio, disposto con l'All. VII del Trattato, da sostituirsi con il suo Statuto permanente (All. VI) in una data successiva da deliberarsi a opera del Consiglio di Sicurezza. Ulteriori Allegati, VIII, IX e X, contenevano rispettivamente il regime del Porto Franco internazionale di Trieste, disposizioni tecniche, economiche e finanziarie. Lo Statuto permanente confermava le responsabilità attribuite al Consiglio di Sicurezza per l'osservanza dello Statuto, la protezione dei diritti umani dei residenti nel TLT, il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza. Ulteriori norme prevedevano demilitarizzazione e neutralità del TLT, tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, non discriminazione nei diritti politici e civili, cittadinanza, lingue ufficiali (italiana e slovena, l'impiego della lingua croata venendo rinviato a disposizioni successive).

Organo principale nell'ordinamento del TLT era previsto essere il Governatore, nominato dal Consiglio di Sicurezza e sottoposto al suo controllo permanente, che ne poteva comportare anche la sospensione o la rimozione. Affiancava il Governatore un Consiglio di Governo con funzioni esecutive, eletto dall'Assemblea e responsabile verso di essa. L'Assemblea elettiva avrebbe esercitato la funzione legislativa nei limiti dello Statuto, per il cui rispetto erano attribuiti poteri di controllo e sospensione al Governatore; in caso di conflitto permanente tra i due organi si sarebbe dovuto pronunziare il Consiglio di Sicurezza.

Il regime provvisorio, disposto con l'All. VII, prevedeva come primo atto, propedeutico e propulsivo per l'applicazione del Trattato, la nomina e l'insediamento del Governatore, che avrebbe quindi dovuto nominare un Consiglio provvisorio di Governo e organizzare l'elezione di un'Assemblea costituente. Sino all' applicazione dello Statuto permanente, i poteri di mantenimento dell'ordine e della sicurezza e di amministrazione del Territorio spettavano al Governatore, che avrebbe potuto avvalersi delle truppe di occupazione ancora presenti, in misura non superiore ai 5.000 uomini per Stati Uniti e Iugoslavia.

Da questa sommaria descrizione risulta evidente l'assenza dei requisiti di sovranità e indipendenza a capo del costituendo TLT, sì da escluderne la natura statuale, e la non originarietà del suo ordinamento, derivante da una fonte convenzionale esterna posta dal Trattato e restando subordinato ad essa. Il Governatore, a sua volta derivava i suoi poteri dal Trattato e ne rispondeva per l'esercizio al Consiglio di Sicurezza, che ne disponeva la nomina, configurandosi come organo ausiliario di questo, per l'esercizio dei poteri conferitigli dal Trattato. Al TLT, qualificabile pertanto come ente internazionalizzato, per la fonte primaria del suo ordinamento e la sua subordinazione alle Nazioni Unite, veniva riconosciuta una limitata capacità internazionale, quale soggetto protetto, per la conclusione di trattati o la partecipazione ad organizzazioni internazionali nelle sole materie tecniche, commerciali, sociali, culturali o sanitarie.

 

  1. Mancata attuazione del TLT.

Il sistema innanzi descritto non trovò applicazione e non acquistò efficacia per la mancata nomina del Governatore, primo atto propulsivo per la costituzione del TLT, dovuta al permanente disaccordo in seno al Consiglio di Sicurezza, più volte invano investito della questione. L'assenza di intesa tra i membri permanenti del Consiglio rientrava nel più vasto conflitto politico generale insorto tra le potenze occidentali e l'Unione Sovietica, che, permanendo, avrebbe pregiudicato anche il funzionamento del TLT, largamente dipendente dalla capacità di deliberare del Consiglio di Sicurezza, ormai compromessa.

Non essendosi avuta la nomina del Governatore, nemmeno le previsioni dello Statuto provvisorio disposto dall' All. VII, potevano trovare applicazione, valendo la sola sua norma transitoria, all' art. 1, per cui, in pendenza della nomina del Governatore, assunta dover avvenire nel più breve termine dopo l'entrata in vigore del Trattato di pace, il territorio destinato al TLT sarebbe stato amministrato dai comandi militari alleati nelle rispettive zone di occupazione. Dette zone, dopo l'entrata in vigore del Trattato di pace, risultavano delimitate dalla parte ivi sopravvissuta della linea divisoria già concordata, con gli accordi di Belgrado e Duino (9 giugno e 20 giugno 1945), tra le autorità militari di occupazione della Venezia Giulia (c.d. linea Morgan), che attribuiva una zona A, occidentale, alle autorità angloamericane e una zona B, orientale, a quella jugoslava. Di conseguenza, in base alla residua applicazione, nel territorio destinato al TLT, della linea di separazione delle zone di occupazione, risultavano una zona A, comprendente la città di Trieste con i comuni limitrofi, e una zona B, con i centri istriani, più vasta ma meno popolosa, rispettivamente amministrate dall'autorità militare anglo-americana e iugoslava.

Dell'All. VII, oltre al citato art. 1, potevano considerarsi transitoriamente applicabili le norme collegate all'entrata in vigore del Trattato di pace, cioè la riduzione dei contingenti militari presenti nel territorio (art. 5), la permanenza in vigore degli ordinamenti ivi già vigenti (art. 10), e il mantenimento della lira quale moneta legale (art. 11).

La risultante situazione dava luogo a una insoddisfacente permanenza di occupazione militare, che, pur se provvisoria, mutava il suo titolo da bellico-armistiziale a pacifica convenzionale, su base pattizia, e a una incerta qualificazione giuridica della condizione internazionale del territorio, destinato a formare il TLT. Nelle due zone si produceva una progressiva differenziazione, persistendo, nel suo complesso, l'applicazione dell'ordinamento italiano nella zona A, nella zona B iniziandosi una sua omologazione agli istituti della democrazia popolare e sostituendosi il dinaro alle jugo-lire di occupazione.

Ragioni di politica internazionale, oltre alla constatazione delle modifiche politico-istituzionali in corso nella zona B, indussero i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia a emettere, il 20 marzo 1948,  una Dichiarazione tripartita, diretta all'Unione Sovietica e all'Italia, con cui, constatata l'impossibilità di applicazione del Trattato di Pace, proponevano la retrocessione del territorio alla sovranità italiana, senza che potesse attendersi un esito favorevole per l'opposizione sovietica e jugoslava. Successivamente, il sostanziale ancoramento della zona A all'ordinamento italiano venne confermato dall'Accordo di Londra del 9 maggio 1952, tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Italia, per la nomina di un consigliere politico italiano nell'amministrazione alleata e l'inserimento nella stessa di funzionari italiani.

Una nuova Dichiarazione, dell'8 ottobre 1953, da parte di Stati Uniti e Gran Bretagna per la cessazione della loro amministrazione e la cessione della sola zona A all'Italia, produsse una crisi internazionale, con minaccia di intervento armato iugoslavo, e gravi incidenti nella città di Trieste. Tali circostanze indussero a accelerare la ricerca, già avviata, di una soluzione negoziata della questione tra le parti interessate, raggiunta con la conclusione del Memorandum di Londra del 5 ottobre 1954.

 

  1. Il Memorandum di Londra e i suoi effetti.

Il Memorandum d'Intesa (Memorandum of Understanding) venne sottoscritto a Londra, il 5 ottobre 1954, dai rappresentanti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e Jugoslavia nel solo testo inglese facente fede, perfezionato con le sole firme, costituendo un accordo in forma semplificata, senza necessità di ulteriori ratifiche o approvazioni, e destinato ad immediata applicazione.

I contraenti, constatata la provata impossibilità di rendere efficaci le previsioni del Trattato di pace concernenti il TLT, concordavano per l'assunzione di misure pratiche (pratical arrangements) consistenti in alcuni aggiustamenti minori di frontiera (boundary adjustements) tra le due zone (Annesso I), a seguito dei quali cessava l'amministrazione militare alleata nella zona A per essere sostituita dall'amministrazione italiana.

Italia e Jugoslavia estendevano quindi le loro amministrazioni civili in luogo di quelle militari nelle zone di rispettiva pertinenza. Altre norme concernevano la condizione delle persone e dei loro beni, le possibili opzioni di residenza, l'impegno di Italia e Jugoslavia a concludere un accordo sui traffici di frontiera. Uno Statuto speciale (All. II) garantiva eguaglianza di trattamento e protezione nelle zone assegnate a Italia e Iugoslavia per le persone appartenenti all' altro gruppo etnico, con la previsione di avanzati diritti linguistici, scolastici, culturali e sociali.

Più che un'abrogazione espressa delle norme del Trattato di pace relative all'istituzione del TLT e al suo ordinamento, il Memorandum conteneva una constatazione di decadenza delle stesse per disapplicazione e inefficacia, configurando, al caso, un'abrogazione implicita o tacita a seguito dei comportamenti univoci e concludenti dei soggetti interessati. L'effetto derogatorio rispetto al Trattato poteva conseguirsi per derivare dall'accordo delle parti interessate e aventi titolo, il Trattato di pace costituendo un insieme di previsioni concernenti, a seconda del loro contenuto, parti diverse e non un blocco unitario, connesso da un unico nesso sinallagmatico.

Il Memorandum disponeva la propria trasmissione al Consiglio di Sicurezza, il che avvenne lo stesso 5 ottobre, senza che in quella sede si manifestassero resistenze o obiezioni. In pari data i governi di Gran Bretagna e Stati Uniti dichiaravano chiusa la questione e di non sostenere quindi alcuna ulteriore pretesa o rivendicazione di Italia o Jugoslavia al riguardo; pure lo stesso giorno il governo francese si felicitava dell'accordo raggiunto tra le parti interessate assicurando il proprio appoggio. Il 12 ottobre l'Unione Sovietica, con lettera del proprio rappresentante alle N.U.  al Consiglio di Sicurezza, prendeva atto del Memorandum  come accordo accettabile e utile.

Il Memorandum, con formulazione forse non felice, prevedeval'instaurarsi delle amministrazioni civili italiana e jugoslava, evitando riferimenti espressi a questioni di permanenza o sopravvenienza di sovranità a capo delle due parti. Ciò principalmente per una cautela di parte italiana onde non compromettere una tesi, già illustrata il 4 dicembre 1949 dal Rettore dell'Università di Trieste Cammarata all'inaugurazione dell'a.a. 1949-50, ma suggeritagli dal consigliere giuridico del Ministero degli Esteri italiano, prof. Perassi. La tesi affermava la non cessazione della sovranità italiana sul territorio destinato al TLT, in quanto la rinunzia allo stesso sarebbe stata non incondizionata ma subordinata all' effettiva costituzione del nuovo ente, in fatto quindi non verificatasi. Tale posizione era contestata da parte jugoslava, ritorcendo l'argomento in quanto la mancata istituzione del TLT avrebbe fatto risorgere le richieste territoriali da questa avanzate alla Conferenza della pace e abbandonate in vista di tale soluzione. Altra parte della dottrina riconosceva il carattere incondizionato, quale appare dall' art.21 del Trattato, della cessazione della sovranità italiana nel momento dell'entrata in vigore dello stesso, qualificando il territorio ceduto come res nullius sottoposto ad amministrazione temporanea delle potenze occupanti, che ne avevano responsabilità in vista della sua destinazione conclusiva.

Con riguardo all'ordinamento italiano, il Memorandum venne attuato, senza una legge generale di esecuzione, ma con più provvedimenti normativi ed esecutivi, inizialmente attraverso la costituzione di un Commissariato generale del Governo per il territorio di Trieste, sino all'ormai completamente avvenuta assimilazione del territorio entro l'ordinamento statale, tra l'altro con la sua ricomprensione nella Regione a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia, istituita nel 1963. La mancata adozione al riguardo di una legge di autorizzazione alla ratifica e della ratifica stessa appaiono criticabili quanto al rispetto delle norme costituzionali sulla formazione dei trattati, pur se il consenso del Parlamento venne acquisito successivamente con il voto di entrambe le Camere per la approvazione dell'operato del Governo.

Decadute nel loro insieme le norme del Trattato di pace relative al TLT e al suo ordinamento, una limitata sopravvivenza resta per l'All. VIII relativo al regime del Punto franco di Trieste, oggetto dell'impegno unilaterale dello Stato italiano, contenuto all'art. 5 del Memorandum, a conservare il regime di porto franco in generale corrispondenza (general accordance) con gli artt.i 1-20 dell'All. L'impegno, confermato nei confronti della Jugoslavia e degli Stati interessati al porto considerati dal Trattato, concreta un rinvio materiale recettizio ai contenuti dell'All., che come tale  non costituiva più fonte normativa in sé stesso, e venne quindi attuato con atti normativi e amministrativi, anche se in misura non sempre ritenuta completa.

 

  1. Gli Accordi di Osimo.

Successivamente al Memorandum, Italia e Jugoslavia ritennero pienamente acquisita la loro sovranità sulle zone loro assegnate, assimilandole completamente nei propri ordinamenti e dando luogo a accordi e pratiche di pacifica cooperazione transfrontaliera. La situazione così consolidatasi trovava conferma degli Accordi conclusi dalle due parti a Osimo, il 10 novembre 1975, e, in particolare, nel Trattato ove si disponeva la fissazione della frontiera tra i due Stati per i tratti che non erano  stati indicati come  tali nel Trattato di pace; con tale formula si evitava ogni qualificazione sulla natura  attribuibile alle delimitazioni successive e si eliminava, con la novazione del titolo  fondante la frontiera,  ogni possibile  residua rilevanza della separazione  nelle due zone.

Altre norme del Trattato disponevano in materia di condizione delle persone e dei beni residenti o situati nel territorio già considerato dall'art.21 del Trattato di pace.

A seguito di queste intese, le parti convenivano per la cessazione, nei loro rapporti, degli effetti del Memorandum del 1954 e prevedevano la trasmissione del Trattato, una volta entrato in vigore, ai governi di Stati Uniti e Gran Bretagna, già potenze occupanti e firmatarie del Memorandum, e al Consiglio di Sicurezza. Questo adempimento si faceva a opera dei rappresentanti permanenti di Italia e Jugoslavia alle N.U., con lettere in pari data del 27 maggio 1977, ottenendo il ritiro della designazione del Governatore del TLT e dell'istituzione dello stesso dalla lista delle questioni sottoposte al Consiglio.

La cessazione degli effetti del Memorandum si estendeva anche allo Statuto speciale, allegato allo stesso, per la tutela degli appartenenti ai gruppi etnici italiano e jugoslavo nelle zone amministrate da Jugoslavia e Italia. Anche questa materia veniva ricondotta entro gli ordinamenti interni, con l'obbligo di conservare le misure in essi adottate in attuazione dello Statuto e di assicurare il livello di protezione da questo previsto. Lo Statuto speciale, da atto internazionale pattizio che rifletteva la parità di condizione dei due gruppi etnici prevista entro il TLT, diveniva parametro materiale per la valutazione della disciplina di diritto interno, destinata a inserirsi tra quante disposte a tutela delle minoranze etnico-linguistiche.

Ogni residua rilevanza della vicenda giuridica internazionale del TLT poteva ormai ritenersi esaurita e destinata a non più riapparire nei rapporti tra l'Italia, la Jugoslavia e gli Stati successori di questa, che riconfermarono la permanente validità degli Accordi di Osimo.

 

Bibliografia essenziale

Calamia A., Mengozzi P., Ronzitti N. (a cura di), I rapporti di vicinato tra Italia e Jugoslavia, Giuffré, Milano 1984.

Favaretto T, Greco E., Il confine riscoperto, Franco Angeli, Milano 1997.

Udina M., Scritti sulla questione di Trieste, Giuffré, Milano 1969.

Udina M., Gli accordi di Osimo. Lineamenti introduttivi e testi annotati, Lint, Trieste 1979.

 

 

 


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