Sesto al Reghena

Monasteri e Abbazie


La fondazione originaria risale all’VIII secolo, quando tre fratelli di nobile stirpe longobarda – Erfo, Marco e Anto – si ritirarono a vita monastica e destinarono i loro beni all’edificazione e mantenimento di due monasteri: uno maschile a Sesto e uno femminile a Salt di Povoletto (ben presto confluito in quello di Cividale). Si spostarono poi in Tuscia, dove Erfo fondò il monastero di S. Salvatore al Monte Amiata, divenendone abate.
Alle origini Sesto non doveva essere completamente sperduto in mezzo alle foreste, come farebbe pensare la titolatura “S. Maria in silvis”, adottata peraltro in tempi assai prossimi. Recenti scavi archeologici hanno messo in luce l’esistenza di una piccola chiesa sorta circa un secolo prima del cenobio, forse per iniziativa di qualche grande possidente che aveva la villa da quelle parti, in prossimità della statio ad sextum, cioè il posto di tappa posta al sesto miliare della strada che collegava Concordia con il Norico. Le ragioni della scelta di Sesto quale luogo per l’edificazione del monastero andrebbero collegate quindi con una struttura del territorio configuratasi già in epoca romana, da un lato, e con la presenza in quei paraggi di un consistente nucleo di possedimenti dei fratelli (una curtis), dall’altro.
La trasformazione della chiesetta campestre in monastero, voluta dai nobili fratelli, ne cambiò la fisionomia e la funzione: con l’aggiunta del chiostro e del cenobio il complesso si chiudeva in sé stesso per costituire quel mondo entro cui si svolgeva tutta la vita del monaco. Nel corso del tempo l’originario oratorio venne dismesso a favore di una chiesa più ampia. I beni fondiari si accrebbero e così anche il potere esercitato sugli uomini. L’abate divenne un potente signore e l’aspetto che l’abbazia presenta attualmente riflette tale situazione, con un recinto di mura sovrastato da torri che circonda il complesso formato dal monastero, chiostro, chiesa, residenza abbaziale e cancelleria.


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