Massoneria e irredentismo

Ottocento



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di Luca G. Manenti

La Trieste austriaca del XVIII secolo conobbe, a partire dall’istituzione del porto franco decretata da Carlo VI il 18 marzo 1719, un considerevole incremento demografico ed economico. Mercanti di varie nazionalità e religione confluirono in città attratti dalle franchigie e dai privilegi concessi da casa d’Asburgo, plasmando una realtà multietnica e pluriconfessionale. Negli anni di Maria Teresa Trieste divenne l’avamposto marittimo e il più importante emporio commerciale della monarchia danubiana. Gli intrecci e gli scambi tra uomini e culture diverse, tipici delle zone di frontiera e delle località portuali, furono il presupposto per la diffusione in loco della massoneria. Ufficialmente costituitasi a Londra nel 1717, la massoneria era una società segreta che si proponeval'assistenza reciproca e l'elevazione morale e intellettuale degli affiliati, detti massoni o anche fratelli e liberi muratori. Organizzata in officine o logge aperte ai soli uomini, espressione dei ceti dominanti, essa ebbe diverse forme e seguì diverse correnti di pensiero, che spaziavano dalla tradizione magica rinascimentale agli ideali dell'illuminismo. 

A Trieste la prima loggia regolare, chiamata «Alla Concordia», fu costituita nel 1774 da un ufficiale austriaco, composta da commercianti, possidenti, negozianti, medici e aristocratici. La sociabilità massonica si connotò in senso borghese, amalgamando una classe mercantile eterogenea per lingua, religione e costumi con parte del superstite patriziato, culturalmente italiano ma politicamente orientato alla tutela di una relativa autonomia comunale. L’emergente borghesia trovò in loggia, al di fuori della Borsa e degli usuali luoghi d’aggregazione della comunità imprenditoriale, la possibilità di incontrarsi e dibattere su temi di carattere culturale e politico, addestrandosi all’esercizio dello spirito critico in un contesto disciplinato da un codice comportamentale che poneva ogni adepto su un piano di parità. Nel 1792 salì al trono Francesco II, che soppresse la massoneria nei territori del Sacro Romano Impero a motivo del ruolo da protagonista che si pensava avesse avuto nella rivoluzione francese.

Durante le tre successive occupazioni francesi di Trieste (la prima nel 1797; la seconda dal 1805 al 1806; la terza dal 1809 al 1813) sorsero delle logge militari protette da Bonaparte, che le utilizzava come strumento di potere e di controllo. L'ambiente triestino cominciò allora a recepire, attraverso la mediazione delle officine, la nuova idea di nazione che dalla Francia si stava proiettando sul continente europeo. Venne pertanto irrobustendosi un sentimento di particolarismo innervato di cultura italiana, che i transalpini alimentarono introducendo l'uso della lingua italiana nel sistema scolastico e nell’amministrazione. Terminata la parentesi napoleonica, i massoni triestini non ebbero eccessivi inconvenienti, nonostante il divieto di riunirsi.

Fu il mazzinianesimo a mettere salde radici a Trieste. Alla Giovine Italia appartenne Giovanni Orlandini, protagonista del fallimentare moto rivoluzionario del 23 marzo 1848. È nell’esiguo numero di giovani da lui capeggiato, insorto nel tentativo di emulare la rivolta di Venezia, che alcuni storici hanno individuato le origini dell'irredentismo, termine che sarebbe stato inventato più tardi per indicare il movimento avente lo scopo d'accorpare le terre italofone d'Austria all'Italia. In opposizione alla Giunta Triestina composta da legittimisti austrofili, nell'aprile 1848 venne fondata la Società dei Triestini, riadattamento della precedente Società Filarmonico-Drammatica d'orientamento massonico. Sconfitti dalla tiepida reazione della popolazione, i partecipanti al quarantotto triestino emigrarono nella penisola, accorrendo alle guerre d’indipendenza e alle campagne garibaldine. Molti abbracciarono i principi mazziniani, entrarono in loggia e iniziarono a costruire una base di sostegno all’emigrazione dall’impero, divenuta presto la spina dorsale delle associazioni irredentistiche moltiplicatesi nel regno e nel Litorale.

A costoro si aggiunsero quegli studenti che, privati di un’università italiana dopo il 1866, quando Padova passò dalla monarchia asburgica a quella sabauda, si recavano nella penisola per laurearsi e, non essendo in Austria riconosciuto il titolo conseguito in Italia, qui rimanevano, andando a ingrossare il movimento nazionale. La richiesta di un ateneo italiano rimase una questione emotivamente coinvolgente per gli italiani d’Austria fino alla prima guerra mondiale. Il processo d'unificazione in atto nella penisola funse da catalizzatore per i filoitaliani di Trieste, dove nel 1857 venne fondata una filiale clandestina della Società Nazionale, dai cui ranghi uscirono personaggi destinati ad assumere un ruolo di primo piano in massoneria. L’8 ottobre 1859 venne fondata a Torino la loggia Ausonia, preludio alla costituzione il 20 dicembre successivo di un Grande Oriente Italiano (poi Grande Oriente d’Italia, Goi).

A Trieste, dove la massoneria rimaneva proibita, sorsero numerosi comitati segreti. Nel 1860 nacque il Comitato d’azione, presto decimato dagli arresti. Successivamente ricompostosi con l’afflusso di reduci dai campi di battaglia del risorgimento, esso si distinse nel decennio 1868-78 in rumorose manifestazioni di patriottismo. Presidente del Comitato era Arrigo Hortis, capo del partito rivoluzionario e padre fondatore, nell’esilio milanese del 1866, del Comitato triestino istriano, mirante a un’azione di propaganda finalizzata all’annessione delle terre irredente. Nel 1860 fu istituito il Comitato Tergestino, più tardi ribattezzato Nazionale, promotore di iniziative quali il reclutamento di volontari giuliani per raggiungere le camicie rosse in Sicilia e l’arruolamento di marinai istriani e dalmati per la flotta italiana.

Tra i soci fondatori del Comitato Tergestino vi fu Francesco Hermet, promotore nel 1868 della Società politica del progresso, che probabilmente celava una loggia, considerate le sue posizioni anticlericali e la sua partecipazione all’Anticoncilio svoltosi a Napoli nel 1869, che vide la presenza di associazioni di libero pensiero e gruppi massonici radicali. I medesimi dirigenti del Comitato Tergestino e della Società politica del progresso fecero parte sia del Comitato segreto d’azione dell’Alpe Giulia, costituito a Milano nel 1884, sia della loggia Pensiero e Azione, sorta nel 1868 sulle ceneri della precedente Adriatica, l’una e l’altra di spiccate propensioni irredentiste. Al Comitato segreto d’azione dell’Alpe Giulia aderivano i protagonisti delle manifestazioni irredentistiche susseguitesi a Trieste.

In Italia l’irredentismo entrò nell’agenda dell’estrema sinistra radicale e socialisteggiante, da cui proveniva un alto numero di liberi muratori. Un’area politica scoraggiata dalla catena di eventi del 1882: stipula della Triplice alleanza, morte di Giuseppe Garibaldi, impiccagione di Guglielmo Oberdan. Tra i più attivi sodalizi irredentisti collegati alla massoneria vi fu il Circolo Garibaldi di Trieste, con centro direttivo a Milano e operante nell’ultimo quindicennio dell’Ottocento, apertamente in Italia e segretamente a Trieste. Per scuotere l’opinione pubblica della penisola e premere sulle forze governative, i membri delle numerose filiali del Circolo si fecero diffusori di proclami antiaustriaci, cultori della memoria di Oberdan, assidui partecipanti alle cerimonie commemorative dei padri della patria, dove recavano la bandiera abbrunata di Trieste a ricordo di coloro che venivano considerati connazionali ancora separati dal corpo politico dello Stato d'appartenenza. Di prevalente orientamento mazziniano, il Circolo non nutriva pregiudiziali nei confronti della monarchia sabauda, nonostante le faide intestine suscitate dai repubblicani intransigenti e dalla componente socialista.

L'irredentismo democratico delle origini, scaturito dalle delusioni del Congresso di Berlino del 1878, si richiamava alle gesta del volontarismo garibaldino e non andava esente da tensioni generazionali, che i massoni cercarono di lenire facendo appello a una progettualità condivisa. Il Circolo Garibaldi, i cui fondatori e dirigenti erano iscritti in blocco alla massoneria, ordì un tessuto di relazioni con deputati, intellettuali, compagnie di veterani, società di tiro a segno e cooperative di lavoro proliferate durante e dopo il risorgimento, laboratori pedagogici di una religione della patria che ebbe nell’irredentismo una delle manifestazioni più evidenti. Interlocutrice del gruppo divenne la Società Dante Alighieri, fondata nel 1889, antesignana delle lotte culturali in favore degli italiani dell’impero asburgico.

A Trieste il Circolo manteneva contatti con la classe politica filoitaliana e massonizzante dei liberal-nazionali, a lungo guidati da Felice Venezian, libero muratore altograduato. Insieme ad altri nomi illustri dell’irredentismo giuliano, a metà anni Novanta Venezian diede vita alla loggia Alpi Giulie, ricoprendovi la più alta carica gerarchica, quella di venerabile. L’impegno profuso dalla libera muratoria verso l’irredentismo non si esaurì nemmeno quando il movimento acquistò venature espansioniste che andarono a mischiarsi, in un groviglio difficilmente districabile, con le istanze democratiche e gli impeti romantici. 

Il primo Novecento fu un periodo florido per il Goi, che nel 1909 arrivò a contare 295 logge e 15 mila affiliati, piazzandosi in Europa alle spalle solo di Inghilterra e Germania, a poca distanza dal Grande Oriente di Francia e davanti alla Gran loggia di Svezia. Date le solide basi finanziarie e gli agganci politici, l'istituzione suscitò timori e venne a trovarsi al centro di aspre critiche avanzate da socialisti, nazionalisti e clerico-moderati. Il Goi dovette reggere l’urto di attacchi provenienti persino dai suoi tradizionali referenti politici: repubblicani e soprattutto socialisti, che nel congresso del 1914 sancirono l’incompatibilità della doppia iscrizione al partito e alla loggia.

Le difficoltà intervenute in Italia nei rapporti tra massoneria e socialismo acquisirono in ambito triestino i connotati di una battaglia implacabile. Il raggruppamento socialista, accusato dai liberal-nazionali di spalleggiare gli slavi a scapito degli italiani, era guidato da Carlo Ucekar, che in gioventù aveva frequentato i circoli irredentistici. Scoppiata la Prima guerra mondiale, il Goi promosse manifestazioni contro la neutralità. Le comunioni liberomuratorie europee condivisero l’opzione bellicista dei rispettivi governi, rivelando l’impossibilità di rendere armonici, di fronte alla sfida della guerra, i due capisaldi che ne reggevano l’edifico filosofico: cosmopolitismo e patriottismo. Per i fratelli l’intervento rappresentò una battaglia di stampo risorgimentale e umanitario contro gli imperi centrali eredi dell’assolutismo. Entrata l’Italia nel conflitto, dei sudditi austriaci di lingua e sentimenti italiani scelsero di disertare l’esercito asburgico per combatterlo vestendo il grigioverde.

Conclusa vittoriosamente la guerra, aggregate Trento e Trieste al regno d’Italia, la loggia Alpi Giulie si ricostituì e fu affiancata dalla Guglielmo Oberdan. Le due logge promossero, il 20 dicembre 1918, anniversario dell’impiccagione di Oberdan, una cerimonia in suo onore. Invitato d’eccezione per il discorso fu Benito Mussolini, che una volta raggiunto il potere osteggiò però la massoneria. Nello stesso mese il Goi stanziò 5 mila lire per l’erezione in città di un monumento alla memoria di colui che era diventato il martire dell’irredentismo. Nel 1925, in seguito all’entrata in vigore della legge fascista contro le associazioni, il Goi decretò lo scioglimento di tutte le logge. A quel punto la massoneria scomparve dal panorama associativo della penisola e di Trieste, costretta o all’esilio o a problematici mimetismi.

Bibliografia essenziale

Catalan T., Le società segrete irredentiste e la massoneria italiana, in Storia d'Italia. Annali, vol. XXI, La Massoneria, a cura di G.M. Cazzaniga, Torino, Einaudi, 2006, pp. 611-633.

Capuzzo E., Alla periferia dell'Impero. Terre italiane degli Asburgo tra storia e storiografia (XVIII-XX secolo), Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009. 

Manenti L.G., Massoneria e irredentismo. Geografia dell'associazionismo patriottico in Italia tra Otto e Novecento, Trieste, Irsml FVG, 2015. 

Manenti L.G., Massoneria e società occulte a Trieste tra XVIII e XX secolo, in All'Oriente d'Italia. Le fondamenta segrete del rapporto fra Stato e Massoneria, a cura di M. Rizzardini, A. Vento, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2013, pp. 227-257.


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