Con questo termine si indicano i villaggi dell’età dei metalli – dalla media età del bronzo (1.600-1350 a.C.) fino alla prima età del ferro (1.020-450 a.C.) - difesi da muraglie. Nell’area carsica e istriana erano costruiti di solito su un rilievo; dall’alto dei castellieri si gode in genere di un’ampia visuale su di un territorio assai ampio, che veniva attentamente controllato. Le mura erano innalzate con le pietre che abbondavano in loco, senza l’ausilio di leganti, spesso con la tecnica chiamata “a sacco”, vale a dire innalzando due paramenti esterni paralleli e riempiendo lo spazio restante con pietrisco, cocci di vasellame o ossa. E’ probabile che nella parte sommitale del muro di cinta fosse inserita una palizzata. Sono proprio gli imponenti resti - ormai atterrati - delle muraglie che circondavano i castellieri a rivelare, ancor oggi, la loro presenza. All’interno del perimetro cintato erano collocate le capanne degli abitanti e i ricoveri per gli animali, perché l’allevamento di pecore e capre costituiva la principale attività e la fonte di sostentamento degli abitanti.
Vi erano castellieri anche in pianura, ma la tecnica di costruzione delle mura era diversa: non si utilizzavano le pietre, ma legno, ghiaia e terra, i materiali lì disponibili. Questi abitati sono oggi difficilmente riconoscibili: le cinte difensive, simili ad argini, sono in genere state spianate nel corso di lavori agricoli o edilizi, ma sono ancora individuabili nelle antiche mappe e nelle fotografie aeree e, in alcuni casi, sono stati indagati dagli archeologi. Le cinte erano alte fino a 4,5 metri ed erano larghe da 15 a 25metri. Delimitavano aree quadrangolari con i vertici orientati secondo i punti cardinali (come a Galleriano, Savalons, Sedegliano, Codroipo) oppure circondavano la cima di modesti rilievi (Variano, Pozzuolo, Udine); nella zona delle risorgive erano circondati da corsi d’acqua.