Villa di Torre di Pordenone

Ville romane


Il conte Giuseppe di Ragogna, proprietario del castello di Torre di Pordenone e appassionato cultore di archeologia, rinvenne in prossimità del suo maniero dei reperti di epoca romana. Ciò lo stimolò a condurre degli scavi nell’area e, tra 1950 e 1952, mise in luce delle strutture che interpretò come terme, per la presenza di pilastrini atti a creare un’intercapedine (sospensurae), utilizzata in genere per far circolare l’aria calda. In tempi più recenti, a partire dagli anni ’80 del Novecento, furono condotti scavi da parte della Soprintendenza che hanno potuto accertare la presenza di un vasto complesso - residenziale e produttivo insieme - articolato in più settori ed edifici. Nella parte destinata a residenza padronale sono stati rinvenuti pregiati rivestimenti di marmo, tessere vitree, probabilmente pertinenti ad una decorazione musiva, e frammenti di intonaci affrescati con motivi mitologici e floreali, di ottima fattura. Tutto ciò fa ritenere che il proprietario fosse una persona di notevole livello sociale, economico e culturale e si è pensato ad un senatore vicino agli imperatori della casa giulio-claudia: la prima fase della villa risale infatti alla fine del I secolo a.C. Successivamente, nel II secolo d.C., la villa fu interessata da una disastrosa alluvione del vicino corso d’acqua, da cui peraltro si riprese: fu infatti occupata fino al IV secolo d.C., anche se intervennero modifiche che potenziarono soprattutto la parte produttiva del complesso. I grandi ambienti, disposti in successione e ben areati, servivano infatti per conservare al meglio le derrate agricole destinate ad essere commercializzate. Anche l’uso della sala sopra i pilastrini potrebbe essere stato diverso rispetto alla prima fase: la circolazione dell’aria calda al di sotto del pavimento, che la manteneva asciutta, potrebbe esser stato sfruttato per conservare le derrate al riparo dall’umidità.


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