Vivere lontano dal consorzio umano per non restare invischiati negli affanni e nelle questioni mondane; per dedicare le proprie forze, la propria mente, la propria vita al conseguimento di un ideale più alto, quello della “sequela Christi”. Fu questa una scelta di vita – non una scelta pastorale – che affascinò molte persone e le indusse a vivere da eremiti, oppure a raccogliersi in piccoli gruppi, in vista di questo fine. Già dal VI secolo d.C. Benedetto da Norcia aveva dato ordine a quanti avevano maturato questa scelta, proponendo loro una regola che disciplinava la vita in comune. Sorsero così, in luoghi lontani dalle città, dei monasteri, in cui la comunità di coloro che aveva scelto di consacrarsi a Dio pregava e lavorava, seguendo i principi che san Benedetto aveva enunciato. L’esperienza monastica tuttavia non si modellò soltanto sul modello benedettino, ma accolse anche altre proposte e occasioni di riforma. Alla base restò sempre però l’esigenza che la comunità che fondava la sua ragione di vita sull’esercizio totale della spiritualità rimanesse distaccata dal “mondo” ed anche fisicamente lontana da esso.