Il diritto di giuspatronato popolare tra Cinque e Settecento

Età moderna


Con la bolla di papa Clemente VII del 7 febbraio 1525, venne rinnovato e disciplinato l'istituto del giuspatronato: il diritto dei parrocchiani di scegliere il prete per la cura d'anime della propria comunità. Tale bolla consolidò per la Chiesa veneziana un diritto esercitato già in epoca medievale e che venne riconfermato nei decenni successivi, diventando la modalità principale per l'assegnazione dei preti alle parrocchie. Il giuspatronato poteva essere esercitato, a seconda delle tradizioni locali, da ecclesiastici o da laici: nel primo caso la scelta spettava ad un ente religioso (capitolo dei canonici, abati, pievani), nel secondo caso alla componente laica della comunità (una famiglia nobile, gli abitanti del villaggio, una corporazione, una confraternita). Dopo il Concilio di Trento, questa seconda tipologia di elezione “popolare” venne guardata con sospetto dai religiosi, poiché dava la possibilità al laicato di disporre di benefici ecclesiastici, pertanto nella diocesi di Aquileia i patriarchi chiarirono le procedure di scelta, gli obblighi e i diritti. L'elettore doveva offrire al prescelto un adeguato beneficio, affinché potesse esercitare la cura d'anime e mantenersi degnamente; in cambio si richiedeva la stabilità della residenza e l'impegno a svolgere le funzioni di pastore. Il beneficio in questione veniva creato versando quote in denaro o in generi alimentari e assegnato alla chiesa parrocchiale, ad un oratorio, una cappella, un altare o ad altro edificio cultuale, di cui la cura sarebbe stata affidata al prescelto. Mentre la nomina del candidato proveniva da un'entità popolare, il conferimento del beneficio e della cura d'anime era prerogativa dell'autorità collatoria (es. il patriarca, gli abati di Moggio, Sesto e Summaga, il Capitolo di S. Pietro in Carnia) che prima di approvare la scelta ne valutava l'idoneità, la consistenza del beneficio e il livello di gradimento da parte della comunità. La nomina poteva essere a vita o durare uno, tre o più anni, al termine dei quali, se non veniva riconfermato o se rinunciava al beneficio, il prete poteva candidarsi in altre parrocchie; tale possibilità causò una forte mobilità dei sacerdoti tra i secoli XV e XVI, rendendo possibili candidature albanesi e venete per la parte occidentale, carinziane e slovene per la parte orientale del Friuli. Questo sistema di elezione dei preti venne mantenuto dall'autorità centrale finché fu considerato utile all'equilibrio sociale tra gli interessi delle famiglie signorili o delle comunità locali e l'intervento degli ordinari diocesani. Ovviamente non mancarono controversie per la candidatura dei preti, a causa delle rivalità tra famiglie, per gli interessi verso benefici più o meno cospicui e per la situazione personale dei preti, in quanto la candidatura al beneficio e alla cura d'anime dava ai meno abbienti la possibilità di porsi al servizio della Chiesa e migliorare la propria condizione sociale.


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