La soppressione del Patriarcato aquileiese e l'istituzione dell'arcidiocesi di Udine (1753)

Età moderna


La soppressione del patriarcato di Aquileia a metà Settecento fu il punto di arrivo di una lunga questione dibattuta per quasi due secoli, a causa della compresenza, all’interno della vasta diocesi, di territori dominati parte da Venezia e parte dall’Austria. Già nel 1565, durante il concilio provinciale d’Aquileia, venne proposta dall’arciduca la separazione delle due zone sulle quali si estendeva il patriarcato. Un secondo tentativo di smembramento fu ventilato cinquant’anni dopo, alla conclusione della guerra di Gradisca tra l’arciduca d’Austria e la Serenissima (1615-17), quando l’imperatore Ferdinando II ripropose al papa la modificazione delle pertinenze territoriali del patriarcato. Il terzo tentativo si verificò a metà Settecento, per iniziativa dell’imperatrice Maria Teresa, che nel 1748 propose la creazione di nuove sedi vescovili e l’istituzione di un vicariato apostolico per la parte austriaca del patriarcato. Ratificando l’accordo raggiunto tra le cancellerie di Venezia e di Vienna, il 6 luglio 1751 papa Benedetto XIV emanò la bolla Iniucta nobis, con la quale soppresse il patriarcato di Aquileia e riorganizzò la geografia giurisdizionale ecclesiastica delle sedici diocesi sue suffragane. Nei successivi due anni vennero istituite le nuove circoscrizioni con dignità metropolitica: il 18 aprile 1752 fu creata la diocesi di Gorizia, a cui avrebbero fatto riferimento le sedi episcopali del territorio arciducale (dal Friuli orientale a Capodistria, Emonia, Parenzo e Pola, la Carniola) e l’anno successivo, con la bolla Suprema dispositione del 19 gennaio 1753, fu istituita la diocesi di Udine, alla quale fecero capo undici suffraganee poste nella parte veneta del Friuli e dell’Istria. Il primo arcivescovo della sede metropolitica di Udine fu lo stesso ex patriarca di Aquileia, il cardinale Daniele Dolfin, che mantenne tale titolo fino alla morte (1762).


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