Le comunità ebraiche in Friuli e in Istria in età moderna

Età moderna


La presenza ebraica è documentata in Friuli a partire dal Trecento e testimoniata dall’esercizio di molteplici attività, tra le quali il prestito su pegno, il commercio delle granaglie, la manifattura artigianale, la gestione di botteghe di oreficeria e la pratica medica. Preponderante sulle altre fu  l’attività feneratizia, esercitata attraverso la gestione di un banco di pegni, finché il Comune di appartenenza non istituiva un monte di pietà. Singole famiglie di ebrei trovarono le loro dimore in abitazioni distribuite nel borgo, ma frequentemente gruppi di più famiglie vennero collocate in zone ben individuate della città (i ghetti). Quando fu decretato l’obbligo della dimora coattiva, entrato in vigore a Venezia nel 1516, vennero creati i ghetti a Trieste, Gorizia, Gradisca, Udine e Spilimbergo. Nei territori di giurisdizione patriarcale (come San Daniele e San Vito al Tagliamento), la consistenza delle comunità ebraiche portò a due conseguenze: la creazione di un luogo di preghiera e di studio, che si tenne prima nella casa più capiente della comunità e poi nella sinagoga (così avvenne a Trieste, Gorizia, Gradisca, Udine e San Daniele) e l’individuazione di un proprio cimitero, in quanto le salme, prima sepolte fuori le mura della città, ebbero un camposanto riservato (così per Trieste, Gorizia, Gradisca, Udine, San Daniele, San Vito al Tagliamento, Portogruaro e Cividale). La presenza ebraica in Friuli si modificò sensibilmente a seguito della soppressione del patriarcato di Aquileia nel 1751 e in conseguenza al decreto della Serenissima del 1777 (la Ricondotta), che stabilì l’espulsione degli ebrei privi di residenza e non dimoranti in un ghetto. Molte comunità colpite dalle leggi di espulsione migrarono verso i territori più orientali e sottoposti al dominio asburgico. A Gradisca fu creato un ghetto comprensivo di sinagoga, cimitero, botteghe per le attività commerciali e la lavorazione della seta; a Gorizia, in cui la presenza ebraica è attestata fin dal secolo XVI, il ghetto, abitato in prevalenza da ebrei ashkenaziti (ossia di origine tedesca), divenne un centro di commercio molto attivo, con un proprio cimitero. A Trieste si concentrò il maggior numero di famiglie ebree e vennero costituiti due centri di studio e preghiera: la Schola Piccola (1748) e la Schola Grande (1797). Per quanto riguarda l’Istria veneta, risalgono alla fine del Quattrocento le testimonianze di attività feneratizie ebraiche a Isola e a Pirano, più tardi a Rovigno (1647); a Capodistria (Giustinopoli) furono presenti una sinagoga, un cimitero ed un banco di prestiti fino al 1613, quando la comunità ebraica lasciò la città.


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