Nella percezione comune il castello costituisce la forma di insediamento più rappresentativa dell’età medievale, al punto di identificarsi con essa e simboleggiarne tout court il modo di vivere. Il suo nome evoca torri che svettano su alte muraglie, ambienti cupi dotati di scarse aperture, accessi protetti da fossati e ponti levatoi. Certo, questa è una delle tipologie più diffuse: un fortilizio in pietra collocato in posizione elevata o difficilmente accessibile, che ospitava una piccola guarnigione di soldati ed era soprattutto il luogo di dominio di una stirpe nobile. Bisogna però anche essere consapevoli che i castelli che oggi vediamo hanno subito profonde trasformazioni nel corso del tempo, adattandosi a situazioni via via diverse.
I castelli più antichi, la cui erezione si suole attribuire all’epoca delle scorrerie degli Ungari - tra la metà del IX e la metà del X secolo – e al clima di insicurezza dell’epoca, erano per lo più costruiti in legno e difesi da terrapieni e palizzate. Il loro aspetto non doveva essere molto diverso dai castellieri di pianura di epoca protostorica. Di tali fortilizi attualmente non rimane nulla, se non delle menzioni documentarie e qualche resto a livello archeologico. E’ nei secoli successivi – tra il XII e il XIV - che si assiste invece al moltiplicarsi dei castelli, per lo più costruiti in pietra. La loro proliferazione non era legata a problemi di sicurezza e di difesa del territorio da nemici esterni, quanto piuttosto all’insediamento di stirpi nobiliari, di cui molte di origine oltralpina, legate ai patriarchi di Aquileia – o altri principi territoriali - da vincoli di natura feudale. In questo contesto i castelli continuarono a svolgere un importante ruolo militare, come presidio del territorio dominato da una stirpe nobile e come fortilizi in grado di assicurare a questa protezione e difesa nei frequenti scontri militari tra fazioni avverse. Essi non erano un semplice luogo di residenza, ma costituivano il simbolo stesso dell’identità delle casate nobili - che erano infatti definite ‘castellani’- e rendevano manifesto il loro potere: era il castello che dava il nome alla stirpe e costituiva il tramite che univa nel tempo le generazioni e i diversi rami in cui la famiglia si suddivideva.
Con il passare del tempo e con il venir meno della funzione difensiva, nei castelli si privilegiò sempre di più la parte residenziale: così ai severi e inaccessibili masti o dongioni, privi di aperture nella parte bassa, venne in genere affiancato un palazzo (‘palàs’ in friulano) - o anche più d’uno, in presenza di rami diversi della stessa casata – destinato ad abitazione e luogo di rappresentanza. L’aspetto che presero allora i castelli, tra la fine del XIII e il XIV secolo, è quello che ci è più familiare perché si è tramandato nel corso del tempo. La svolta decisiva avvenne poi tra la fine del Trecento e il Quattrocento, con l’impiego sempre più massiccio delle artiglierie, per contrastare gli effetti delle quali si sarebbero dovuti capovolgere gli elementi difensivi su cui si era basata fino ad allora la protezione fornita dai castelli, abbassando torri e cortine murarie, ispessendo le mura, creando la scarpatura. Erano lavori che aveva senso intraprendere solo se il fortilizio svolgeva una reale funzione militare. Ma nel nuovo contesto politico-istituzionale, che si delineò dal tardo Quattrocento in poi, si stava andando verso la formazione di grandi stati moderni – egemonizzati da Venezia, da un lato, e dagli Asburgo dall’altro – con un potere centrale in grado di controllare i punti sensibili del territorio e di organizzare la difesa lungo i confini. I castelli divennero quindi mere residenze, spesso sostituiti in tale funzione da nuovi e più confortevoli ville e palazzi.
Esamineremo più da vicino alcuni castelli posti su alture - Ragogna e Villalta sulle colline moreniche friulane e Pietrapelosa in Istria - e un castello di pianura: Strassoldo