L'istituto della vicinia e la comunità di villaggio tra Cinque e Settecento

Età moderna


Quando la Repubblica di Venezia inglobò il Friuli nel dominio della Terraferma, venne conservato per l’amministrazione locale l’antico istituto della vicìnia (da vicus, abitato rurale), un organismo assembleare normato nel Trecento, al quale partecipavano i capifamiglia residenti nel villaggio. L’assemblea veniva indetta al suono della campana e per tradizione si teneva presso la piazza del paese, solitamente sotto un tiglio o un noce. La presiedeva un decano (o degano) coadiuvato da un massaro (o meriga) e due giurati, che davano esecuzione alle decisioni prese. La partecipazione alla vicìnia era fondamentale per poter godere l’uso dei beni demaniali (i pascoli e i boschi comunali), in quanto le discussioni e le risoluzioni avvenivano in materia di agricoltura, di commercio, di viabilità, di confinazioni, di formazione delle milizie paesane (le cernide) e di molte altre questioni che riguardavano l’amministrazione locale. La stessa nomina del parroco era affidata all'assemblea dei capifamiglia e successivamente ratificata dalla Curia. Per tutta l’Età moderna le comunità rurali godettero di questa forma di autogoverno, che garantiva loro una certa autonomia rispetto alle ville soggette al controllo nobiliare o ecclesiastico. Nella realtà friulana, caratterizzata dalla polverizzazione degli insediamenti in piccoli e piccolissimi borghi, la comunità di villaggio costituiva la struttura fondamentale di riferimento della società contadina. La sua giurisdizione comprendeva uno spazio definito, in cui operavano norme consuetudinarie o statutarie che regolamentavano diritti e obblighi degli abitanti. Il fondamento materiale dell’unità del villaggio che ne favoriva la coesione era l'uso collettivo di pascoli, boschi, paludi, campi e i terreni allodiali, concessi in usufrutto dall'autorità centrale o dati in godimento dal giusdicente su corresponsione di una quota censuaria. Questa condizione di perequazione distributiva dei beni implicava la corresponsabilità da parte degli abitanti e la partecipazione di tutti alle necessità del villaggio, sia in termini fiscali che penali. Solo alla fine del secolo XVIII l'istituto della vicìnia manifestò segni di declino e con le leggi napoleoniche venne abolito e sostituito dal Comune (decreto 25 novembre 1806 n. 225).


Della stessa tematica